Il casalingo è il mio mestiere

28.04.2016 10:04

La disoccupazione è una fonte infinita di contraddizioni e paure.

 

Da quando è iniziata la mia devo confessare che vivo le stesse dinamiche assurde, alcune positive ma altre sono state vere e proprie lezioni di vita negative.

 

Da uomo continuamente e perennemente di sinistra ho sempre affermato che era inutile parlare di parità di diritti fra sessi perché la parità fra uomo e donna era nei fatti, ammetto che erano parole e che nei comportamenti quotidiani usavo il mio lavoro come scusante perpetua di non collaborazione effettiva nel menage quotidiano. Insomma per la maggior parte dei giorni evitavo una effettiva suddivisione dei lavori in casa, o ero troppo stanco o allungavo all’infinito le mie giornate esterne.

 

Oggi mi ritrovo in uno strano mondo dove i ruoli si sono invertiti. La mia compagna è un’operaia metalmeccanica soggetta ai turni di lavoro quindi in casa mia la maggior parte dei lavori tediosi, noiosi, defaticanti e senza scopo universale ricade su di me. Spesa, lavaggi di stoviglie, cucina. Poi sveglia dei piccolini di casa, colazione, sorvegliare i lavaggi e la vestizione. Insomma tutte quelle cose che “normalmente” erano delegate alla parte femminile della mia coppia.

 

Ora ammetto che mia madre aveva ragione e che la famiglia è un’infinito vivere con le mani bagnate e che la sua critica continua sui miei atteggiamenti era fondata. Si ero un maschietto anche un po’ sciovinista.

 

Oggi da casalingo ci sono momenti che penso della mia compagna le stesse cose, è lei la sciovinista sempre troppo stanca per lavare i piatti. Raramente fa il letto ed ancor più raramente pensa alla quotidianità dei figli.

 

Nella mente ho sempre il ritornello della canzone, “Il casalingo è il mio mestiere, lavo piatti e sfaccendo tutto il giorno…” Non finisce mai anche perché ho due figli che appartengono alla classe dei volatili, due piccioni che dove si fermano lasciano un ricordino.

 

Mi lamento in continuazione per la mancanza di collaborazione effettiva, costruttiva e che se non lo impongo io le immondizie non le porta via nessuno. Sono divenuto ossessionato dall’ordine e mi rende nervoso lasciare il letto con le pieghe. Lavo anche il sapone.

 

Oggi, dopo il lungo tempo passato nei meandri delle faccende domestiche, ammetto che questa lezione regalatami dalla disoccupazione è una lezione preziosa. Positività dell’inoperosità forzata.

 

Come la maggior parte dei disoccupati vecchi ho paura del futuro, ma non del mio quello dei miei figli. La deriva ottocentesca che il mondo del lavoro italiano ha intrapreso colpirà loro ed il loro futuro. Questa orrenda concezione per cui il lavoratore non è parte integrante dell’azienda ma solo un costo sarà la costante dei loro rapporti sociali. La solitudine, il silenzio e la mancata coscienza collettiva saranno i pilastri dei loro rapporti industriali.

 

Non credo che esista soluzione immediata, ne tanto meno semplice. Penso che l’unica strada percorribile sia la presa di coscienza da parte di tutti i disoccupati che oggi loro rappresentano delle istanze sociali specifiche, che loro, noi, io siamo divenuti una classe sociale vera e propria con le nostre istanze ed i nostri bisogni e che se non ci imponiamo nulla verrà fatto per riportare il paese ad un livello accettabile di equità sociale.

 

Il mondo del lavoro ha bisogno del nostro impegno.

 

Vostro

 

Claudio Pezzetta