Il disoccupato rivoluzionario
La rivoluzione disoccupata.
C’è chi mi ha detto che con i miei scritti sto cercando di vendere un’idea di rivoluzione.
Dopo una domenica e una notte di riflessione sono giunto alla conclusione che non lo so.
Ammetto di non sapere se sto cercando di vendere un’idea rivoluzionaria e questo mi disturba non poco, mi deraglia la mente, mi mette in crisi di nervi.
Che mi hanno fatto diventare una casalinga in crisi di nervi c’ero arrivato.
Così frustrato, così inutile nella inutilità del lavare stoviglie o litigare con il salumaio per i prezzi assurdi che pratica lo stavo affrontando.
Ho quasi deciso di fare qualche seduta di analisi Freudiana, ne ho parlato con il direttore della banca che mi ha rifiutato il mutuo necessario per mancanza di correlati e non ho trovato nessuno disposto a firmare la fideiussione o finanziare la mia sanità mentale. Sto diventando un malato mentale rivoluzionario? Bo’.
Se per rivoluzione si intende che credo che i disoccupati devono prendere la loro situazione in mano e non delegare le loro istanze a nessuno ebbene sì sono colpevole di rivoluzione.
Se per rivoluzione si intende che pretendo che il lavoro deve essere al centro della discussione politica sì sono colpevole di rivoluzione.
Se per rivoluzione si intende che penso che il lavoro deve essere dignitoso, avere un compenso adeguato alle mansioni svolte, che deve essere regolato e che chi lavora ha diritti inviolabili, sì sono un rivoluzionario.
Se non credo nelle “associazioni” di disoccupati sopratutto quelle che hanno al loro interno persone che guadagnano sul loro impegno e divengono i sindacalisti professionisti del settore è vero e se questa idea è rivoluzionaria be’ sono rivoluzionario.
Se è rivoluzionario pensare che i sindacati devono prendersi le loro responsabilità e tornare ad essere quello per cui sono nati e cioè i rappresentanti dei lavoratori liberamente scelti e non più centrali di potere politico-economico, sì lo ammetto sono rivoluzionario.
Se credere che i disoccupati sono i nuovi paria, i nuovi proletari, i nuovi senza diritti e che devono rendersi visibili, utilizzare ogni opportunità per farsi sentire e mettere al centro della società le loro difficoltà, pretendere che ricevano l’aiuto dovuto dallo stato per affrontare dignitosamente le loro istanze e che devono essere messi in grado di reinserirsi nel mondo produttivo, ebbene sì sono rivoluzionario.
Se per rivoluzione si intende la mia volontà di organizzarmi, farmi strumento di sensibilizzazione, farmi arma di cambiamento non sono solo rivoluzionario ma profondamente convinto della mia rivoluzione.
Anzi di più faccio appello a tutti i disoccupati che la pensano come me, che hanno voglia di farsi avanguardia di farsi sentire e vedere perché essere disoccupato non è una vergogna ma la vergogna è di chi mi ha costretto in questa mia condizione e non fa nulla perché io ne esca.
Fare rete, organizzarsi, portare al centro del dibattito la mia condizione di vita. Sensibilizzare.
Se questa è rivoluzione credo sia ora di farla.
Il mio sogno, un milione di disoccupati a passeggio per Roma, farci vedere e contare ma non contare come fa il Ministro Poletti contare veramente. Costringere parlamento e senato a parlare con noi e non con finti ed arrendevoli “rappresentanti”.
Il mio sogno? Costringere questo paese a cambiare verso.
In ultimo e non per ultimo rivoluzione non è una parolaccia….
Vostro
Disoccupato-incazzato-insonne
Claudio