La deprimente coscienza che tutto è mafia

30.09.2015 08:51

La cosa più deprimente a cui un disoccupato come me viene messo difronte è la realtà. 

La realtà di una società allo sbando dove ti vengono sciorinati nomi e cognomi di chi è già stato scelto per lavorare, aggiudicarsi un appalto che ancora non è stato fatto ma che comunque andrà in porto d’ufficio. Il tutto come se fosse normale.

 

Sì in questa società è normale che un comune decida di dare la gestione dei musei civici a dei privati cittadini, organizzi incontri fra esperti e chi già è deciso che gestirà il tutto, venga loro richiesto un progetto e che quel progetto ancora non scritto riceverà le dovute attenzioni.

 

E’ normale che a Roma venga deciso di licenziare 42 addetti alla raccolta dei rifiuti perché chiaramente sono stati assunti per intercessione di un “politico” mafioso, ma è anche normale che uno di loro venga intervistato e che durante quella intervista dichiari che il tutto è solo dovuto ad un cambio di potere e che il suo posto verrà coperto da altri raccomandati. Da un sistema di potere all’altro senza che cambi la filosofia mafiosa di fondo.

 

E’ normale che la regione Marche finanzi con 2,300,000 Euro di pubblico denaro corsi di qualificazione dei dipendenti delle varie aziende private. Ossia è normale che con i soldi delle tasse di tutti i cittadini si paghino i corsi di qualificazione aziendali senza che il privato imprenditore paghi una lira per avere a disposizione forza lavoro qualificata che gli garantisca una posizione di forza sul mercato. Ovvio che a codesti bei corsi pagati dalla cittadinanza possono partecipare tutte le varie forme di contratto con cui il privato imprenditore a facoltà di assunzione.

Privato è bello ma è ancora più bello se finanziato dallo stato.

 

E’ normale che se cerchi lavoro devi prima garantirti i favori di un potente, senza la cui intercessione non verrai mai preso in ben che minima considerazione. Come è normale che se se ne sei capace e vuoi candidarti a gestire la cosa pubblica devi almeno appartenere, gravitare intorno alla giusta cerchia di potere.

 

Con questo tipo di normalità io vedo quotidianamente i miei diritti sanciti da costituzione e leggi inevasi, come vedo il mio diritto alla salute messo in discussione, come vedo il diritto ad una educazione dei miei figli piegato alla mia capacità economica.

 

Se anche in un piccolo comune come quello in cui risiedo si utilizzano metodi similari non abbiamo più scampo. Non c’è vera soluzione. Il problema è culturale.

 

Se si accetta questo modello di società non c’è alcuna opportunità di cambiamento, il parlare di merito è una presa per il culo pazzesca, il parlare di diritto è una perdita di tempo degna di un sognatore. Il parlare di legalità è fumo negli occhi. Questi metodi, modelli di comportamento vanno combattuti come si deve combattere la mafia, perché è esattamente di metodi mafiosi che stiamo parlando.

 

La vera mafia non è solo pizzo, pistole e droga. La vera mafia è questo sentimento di esclusione sociale e non appartenenza che mi rovina l’anima e che mi toglie il futuro.

 

Vostro

 

Disoccupato-incazzato-insonne

 

 

Claudio


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