L’unica libertà che non andava riconosciuta.
Il 25 aprile rappresenta una ritrovata libertà di pensiero e parola. Il risorgere della democrazia dopo un ventennio di oscurantismo reazionario. La possibilità di riconoscersi parte attiva della società e non più oggetto del potere assoluto di altri.
La libertà di essere cittadino, parte integrante di un sistema sociale dove ognuno esprime il suo pensiero attraverso il voto. Libertà di associazione, di raggruppamento delle idee. Parte integrante di un sistema politico che è garanzia di alternanza elettorale libera.
Il 25 aprile rappresenta la possibilità di essere liberi, di avere ognuno la possibilità di esprimere se stesso anche economicamente, libertà di impresa integrata in un sistema economico basato si sul mercato ma regolato da leggi che proteggono quella libertà garantendo il diritto alla proprietà sia dei mezzi di produzione che delle idee che elaborano il prodotto.
Insomma libertà di parola, di associazione, democrazia, libertà di impresa, garanzia della proprietà in una società democratica che è garante del tutto.
L’unica libertà che non andava riconosciuta è la libertà di sfruttare il lavoro degli altri, di rendere precario il lavoro fino all’assoggettamento dei prestatori d’opera. Quella libertà ha distrutto tutte le altre libertà.
Essere un prestatore d’opera a tempo determinato senza che le leggi che regolano il rapporto di lavoro siano garanti dell’equità nei rapporti industriali rende il lavoratore schiavo, subalterno alle necessità del padrone dei mezzi di produzione. Quell’operaio non sarà più un’ uomo libero ma subalterno alle esigenze altrui assoggettato al pensiero stesso di chi richiede la sua prestazione lavorativa.
Questa forma di deregulation nei rapporti industriali rende una stretta minoranza economicamente forte, i padroni dei mezzi di produzione, una casta egemone in grado di influenzare non solo il mondo economico e produttivo del paese ma la democrazia stessa. Una società con i prestatori d’opra non garantiti da leggi eque non può essere una società democratica.
Mettere il lavoratore in situazioni di permanente precarietà economica, creare un bacino enorme di disoccupazione da cui attingere altri operai in sostituzione di quelli espulsi dal mondo del lavoro, rendere insicura la possibilità di condurre una vita decente in cui crescere i propri figli che sono garantiti nelle loro pari opportunità di miglioramento della posizione sociale non è democrazia ma una nuova forma di dittatura reazionaria. Fascismo 2.0.
Essere sì portatore del diritto di voto, ma contemporaneamente disoccupato cinquantenne non più impiegabile, che significato ha? Come questo può garantire il normale corso politico di una democrazia? Sono domande a cui non trovo risposta.
Credo che una società è libera e profondamente democratica solo quando le condizioni di vita degli appartenenti a quella società sono garantite sia nei rapporti industriali che nella possibilità del singolo di condurre una vita degna non condizionata dalle difficoltà economiche.
Una società è libera solo quando tutti i cittadini sono liberi, come una società è democratica solo quando l’espressione del voto dei cittadini è espressa in modo scevro da difficoltà di sopravvivenza.
Tutto il resto è dittatura.
Vostro
Claudio Pezzetta