Medio evo
E’ un po’ di tempo che non scrivo, una necessaria pausa di riflessione.
Non è che nulla sia cambiato, anzi, nella mia situazione quello che può succedere è che incasini il casino ed in questa pratica dell’incasinamento io son maestro.
Non riesco a mentire, se penso una cosa la dico e se credo che chi ha il compito di dirigere non lo fa con modalità oggettivamente chiare lo scrivo anche a costo di farmi nemico un sindaco od un’assessore. Ora sembra proprio che mi son fatto dei nemici perché ho parlato delle modalità discutibili con cui viene gestita la cosa pubblica nel paesino dove risiedo.
A dire il vero tutto quanto ho detto è passato in silenzio, nessuno a detto nulla fosse anche solo per dirmi che sbagliavo, che le cose non erano come le descrivevo io. Ma il silenzio è la pratica politica utilizzata da queste parti come, per altro in tutta la regione e nazione intera. Si fanno scelte importanti che cambiano il verso della vita di una comunità senza dire nulla. Ci si comporta come se essere eletti è un mandato di vita e di morte e non una delega che può e deve essere revocata quando l’eletto non dimostra le capacità che oggettivamente occorrono per dirigere una società, un gruppo di persone che convivono in un gruppo sociale organizzato.
Il contratto sociale, quella cosa a cui siamo assoggettati dal momento stesso della nascita, è e rimane uno dei fondamenti della vita in comune. Per vivere in questo gruppo io rinuncio a delle mie libertà datemi dalla vita stessa per essere parte integrante della società e la società mi garantisce in cambio i bisogni primari di sicurezza, produttività ed uguaglianza. Non poca cosa. Il rispetto delle leggi è parte integrante del contratto sociale.
Mi chiedo cosa succede se è la società stessa che non rispetta le leggi, se chi è preposto alla stesura delle leggi comuni lo fa per proprio interesse personale o di parte e non in nome e per conto della comunità intera.
La rottura del contratto sociale non è una passeggiata di salute, porta al conflitto, al disfacimento della vita comune, all’anarchia assoluta.
La svendita dei beni comuni che sta avvenendo è una strana forma di anarchia.
Dare in gestione i beni comuni a privati senza il ben che minimo controllo da parte delle istituzioni sui metodi economici utilizzati per il loro sfruttamento è una rottura del contratto sociale odiosa, è una scelta di parte che favorisce gli uni a discapito della maggioranza.
Non proteggere le parti più deboli della società a favore dell’arricchimento personale di una ristretta cerchia sociale è una dichiarazione di parte.
Questo sta avvenendo con la sanità ammantando scelte assurde con discorsi sulla produttività della spesa sanitaria e sul controllo dei costi di gestione. Ma la sanità non è commercio, non può esserlo perché essa è una parte fondamentale del contratto sociale.
La gestione privata della cultura, dei musei se non ha chiare indicazioni politiche diviene essa stessa puro commercio rompendo il contratto sociale.
La gestione privata delle acque con solo scopo di lucro è una rottura del contratto sociale.
Il liberismo commerciale sfrenato che ha il solo scopo del controllo dei beni essenziali per renderli più economicamente succulenti è una rottura del contratto sociale.
La de-tassazione dei beni immobili senza prevedere che chi più ha più contribuisce è una rottura del contratto sociale.
In poche parole quello che in nome e per conto del popolo italiano sta accadendo è il disfacimento della comunità, la rottura del contratto sociale che ci ha legato fino ad ora a questa nazione senza per altro progettare nulla di diverso che il ritorno ad un medio evo oscurantista.
Vostro disoccupato-incazzato-insonne
Claudio