Quale sindacato?

03.05.2016 08:54

Periodicamente su FB esce un post che trovo disfattista e nazional-popolare. Uno di quei post con la solita scritta “se sei d’accordo condividi” che non condivido proprio perché lo chiedono non per ragioni etiche o di pensiero ma solo per aumentare il numero di click.

 

Ma devo ammettere che è un post che mi colpisce molto. La lista degli introiti da pensione molto alti che alcuni ex sindacalisti intascano come pensione.

 

Dio non me ne voglia, non sono geloso dei loro cespiti, anzi, credo che se sono stati dei buoni dirigenti abbiano tutte le carte in regola per percepirli. Un manager è un manager sia nella pubblica amministrazione, sia nelle aziende private, sia nelle banche che nei sindacati. Ma.

 

Ma un segretario nazionale di un sindacato è comparabile ad un manager aziendale? Bella domanda.

 

Un sindacato che rappresenta i lavoratori organizzati in associazioni di settore, liberamente iscritti e che liberamente pagano la quota annuale sono un’azienda? Non credo. Anzi dovrebbero essere la controparte di un’azienda. Dovrebbero difendere i loro diritti, le loro istanze e quelle della intera società.

 

Un sindacato deve difendere la dignità del lavoro, deve fare da pungolo alla politica affinché si definisca una volta per tutte una politica industriale, che si scelga su quale strada questo paese deve incamminarsi. Quindi un sindacato non è e non può essere un’azienda.

 

Un sindacato è rappresentante dei lavoratori e se fa bene il suo lavoro, nell’istante stesso che rappresenta quelle istanze, rappresenta e difende le istanze di chi un lavoro non lo ha. Se è in grado di essere controparte e pungolo di politiche industriali serie difende i posti di lavoro e contribuisce alla creazione di nuovi posti di lavoro.

 

Il sindacato negli ultimi anni ha dimenticato il suo ruolo e si è amalgamato alla vigente idea che la società liquida esiste, che non ci sono più ideali a cui far riferimento, che non è moderno parlare di senza lavoro o di sfruttamento del lavoro. Non è moderno, non è socialmente etico e tanto meno paga.

 

Da quando il governo nazionale ha capito che coinvolgendo il sindacato nella struttura finanziaria della società avrebbe potuto controllare e dirigere i sindacati stessi questo è accaduto. Dare la gestione dei fondi pensione ai sindacati ha avuto questo risultato. Da quando i sindacati si sono fatti falsi intermediari tra pensionati, lavoratori e disoccupati nei rapporti con le istituzioni, Inps, Agenzia delle entrate, Asur e chi più ne ha ne metta il sindacato stesso ha perduto la sua ragion di esistere e quindi oggi un buon ex segretario nazionale CGIL può percepire 14,000 € annui di pensione.

 

Badate bene che esistono nel mondo sindacati finanziariamente così costruiti. Negli Stati Uniti il sindacato controlla e gestisce la maggioranza dei fondi pensione, se non hai la tessera sindacale non puoi lavorare e sopratutto nei porti gestiscono la forza lavoro in tutto e per tutto. Ma qui non siamo negli Stati Uniti ed il nostro sindacato ha delle radici storico culturali ben diverse, non ho ancora sentito di infiltrazioni mafiose vere nei sindacati italiani ma in quelli americani sono storia.

 

Da disoccupato ho bisogno dei sindacati, quelli antichi. Ogni disoccupato ha la necessità della rappresentanza, della difesa delle sue istanze e chi più del sindacato può farlo? Ma certo non questo tipo di sindacato, non certo il sindacato dei tavoli di crisi che fa accordi per la cessazione dal lavoro di migliaia di operai, non certo il sindacato che non ha avuto il coraggio di scendere in piazza contro il job act che mi ha reso ancora più disoccupato di quanto non sia già.

 

Un sindacato in grado di difendere le mie istanze è il sindacato che ha firmato lo statuto dei lavoratori, è lo stesso sindacato che nel 1945 nascose le macchine utensili dai nazisti è il sindacato di Bruno Buozzi e Giuseppe Di Vittorio. Guarda caso sono segretari generali CGIL che non hanno percepito migliaia di euro di pensione.

 

 

Vostro

 

Claudio Pezzetta