Quel che occorre ma non accade

27.04.2016 04:41

Quel che occorre ma non accade è che i disoccupati prendano coscienza della loro situazione, non solo economica o di difficoltà generiche, ma sociale.

 

Dopo i lunghi anni di crisi economica a cui il nostro paese non è stato capace di rispondere pretendendo un posizionamento diverso nel mercato mondiale del lavoro essere disoccupato ad un’età superiore ai 35 anni è una condizione ormai semi permanente o con caratteristiche di precarietà tali che non permettono una visione positiva del futuro. 

 

La inumana corsa alla ricerca del lavoro che non c’è ha messo ogni disoccupato, giovane o vecchio in perpetua concorrenza l’uno contro l’altro facendo scattare odiosi meccanismi di auto isolamento, auto esclusione sociale.

 

La vera “modernizzazione” del mercato del lavoro italiano è basata su questi due aspetti. 

 

Avere un bacino sempre più vasto di disoccupati pronti a qualsivoglia mansione pur di lavorare senza minimamente tener conto né delle condizioni lavorative né degli emolumenti percepiti ha permesso al legislatore di manomettere le basi del contratto sociale escludendo e marginalizzando intere generazioni di lavoratori. La legislazione del lavoro odierna è costruita solo e soltanto per una parte sociale, i detentori della proprietà dei mezzi di produzione. 

 

Oggi il datore del lavoro non è solo proprietario della fabbrica ma anche deus ex machina dei salariati. Può decidere un licenziamento a sua discrezione senza che ci sia minimamente bisogno della giusta causa. Può assumere per periodi di tempo brevissimi garantendosi lavoro a costo agevolato.

 

Oggi è possibile licenziare interi reparti di lavoratori e sostituirli con operai esterni a bassissimo costo salariale ed ancor più basso costo erariale.

 

La immorale idea che il lavoratore non è un’ asset della azienda ma bensì un costoso attrezzo sostituibile è ormai imperante e sancita dalle leggi.

 

In una situazione come questa è necessario che ogni singolo disoccupato prenda coscienza della propria situazione e si faccia parte sociale, classe sociale. 

 

Il riscatto dei giovani o vecchi disoccupati presuppone un impegno individuale, della singola persona, il rispetto delle sue propensioni e vocazioni, delle sue specifiche preferenze e aspirazioni personali nei vari campi, ma si realizza pienamente e duraturamente solo attraverso un sforzo collettivo, un'opera corale, una lotta comune. Insomma ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno.

 

La mia personale lotta per il riconoscimento dei miei diritti come disoccupato invalido, parimenti alla vostra, fallisce nel momento stesso che io mi faccio solo portatore delle mie istanze, ma diviene imprescindibile esigenza sociale nel momento in cui queste istanze sono istanze di classe.

 

Vostro

 

 

Claudio Pezzetta


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